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W DI VITTORIA
installazione di Antonella De Nisco/LAAI con la prestazione poetica di Francesco Gelati in CLOROPLASTIFESTIVAL, 13 settembre 2020, Associazione cinqueminuti, Restate, Palazzo Magnani, RE

Con il materiale e le forme si fanno le installazioni.
Le poesie sono fatte di parole e le parole di lettere.
Una lettera può essere o rappresentare una parola o una frase.
Come ad esempio P di parcheggio;
D è uguale a 500 unità.
Come nelle sigle o nei simboli: S è lo zolfo e SMS è un messaggio che non brucia però mille volte.
Quindi è certo: può esistere una poesia di una sola lettera.
Come qui.
Poesia W.
È una poesia appesa, appoggiata, installata, integrata.
A significare. A ricordare. Ad emozionare.
W maiuscola di viva, evviva. Un'esclamazione ed esultanza. Un po' vocale, un po' consonante.
Una lettera doppia, unica lettera doppia dell'alfabeto che stiamo usando oggi: una doppia VU. Ma non doppia come Giano che guarda sia di là che di qua l'inizio e la fine. Lei, la W guarda sempre noi, due volte in una. Doppia, ma non come le facce delle medaglie o come le scelte da fare. E' doppia ma sempre sola.
Ma ecco che però basta capovolgerla o ribaltare il capo (e lo sguardo) e lei significa abbasso.
Per il dritto vuol dire che sono d'accordo, vista sottosopra che non mi piace.
Unico caso di una lettera dal doppio e contrario significato, dato da qual è il punto di vista che assumiamo. E può ricordare una M (al contrario di viva), non una M qualsiasi: la M di morte. ma anche diritta è la W di ovest, l'occidente, dove "muore" il giorno.
Ma noi vogliamo essere ottimisti, con la realtà però sempre a fianco.
Ed ecco che l'intreccio allora, risultato che sia da un gesto individuale o collettivo, solitario o partecipato, realizza e tiene insieme i corpi delle due V senza che uno sia prevalente sull'altro.
Sono attaccate accanto, a volte sovrapposte, ma nessuna è mai sottoposta.
Non è un'alchimia visiva. E' un doppio che da solo vale due e persino di più. Qui per noi vale pure due volte V come Vittoria: non era scontato ritrovarci ancora quest'anno nel parco.
Con la novità poetica ed il soccorso di una lettera immigrata da poco nel nostro alfabeto.
Appesa, stesa, guardata. Con curiosità e le giuste domande. È l'incertezza della tradizione acerba.
Evviva, siamo vivi, e perciò incerti. Come sempre risultato di una licenza poetica.
Francesco Gelati















 
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