Rio Acqua Chiara, elemento
naturale lineare di grande valenza paesaggistica è ancora capace
di unire il paesaggio della città (costruito) e quello della
campagna (naturale).
La nostra indagine vuole essere un reale contributo al recupero, conservazione
e valorizzazione di questo luogo per la città e tutti noi.
Inquadramento geografico
Il Rio Acqua Chiara prende origine da un modesto bacino imbrifero
collinare, limitato a sud dall’alto strutturale della formazione
gessoso-argillosa messiniana, nei pressi di Casa Speranza (Albinea).
Nelle sue porzioni più elevate il bacino non supera i 450
m s.l.m.
La maggior parte degli affluenti si trovano così a scorrere,
dal margine appenninico, nei terreni delle argille grigio-azzurre
plioceniche.
Contribuiscono a formare il Rio, da ovest ad est: Rio della Chiesa
(Broletto) e Rio Poiano (questi, confluendo nei pressi di Albinea,
danno origine al Rio Arianna), Torrente Lavezza (il più esteso,
si spinge fino a Cavazzone). Rio Arianna e Torrente Lavezza confluiscono
nei pressi di Monterampino dando origine al Rio Acqua Chiara. In
questa zona, ed anche più a valle, il torrente riceve le
acque di scolo dei coltivi circostanti, spesso incanalati in “fossi”
minori; tra questi ricordiamo esclusi vamente il fosso Boracchione,
che riceve le Acque della zona sud del cimitero di Canali.
L’Acqua Chiara è quindi uno scolatore minore, tributario
del Torrente Rodano (confluisce in quest’ultimo alle porte
della città)
Assai complicata risulta la costruzione attendibile delle varie
modificazioni subite dalla rete idrografica della pianura reggiana:le
modificazioni antropiche, di epoca storica (tra tutte la maggiormente
interessante è senza dubbio il corso del canale del Secchia
che, intersecando e scavalcando anche l’Acqua Chiara, per
lungo periodo ha raccolto parte delle acque del Torrente Tresinaro)
si sono sovrapposte alle complesse divagazioni avvenute in tempi
remoti, causate dalle notevoli vicende neotettoniche subite dal
margine appenninico ed anche dalla pianura. A causa di tali cambiamenti
è estremamente complesso suddividere i bacini idrogeologici
del sottosuolo, anche perché questi sono tra loro comunicanti
per interdigitazione dei depositi. Il corso d’acqua analizzato,
quindi, si trova a scorrere attraverso una unità idrogeologica
di alta pianura, compresa tra le conoidi dell’Enza e del Secchia,
caratterizzata da sottili banchi ghiaiosi discontinui, passanti
spesso a sabbiosi e intercalati da serie limoso-argillose, depositate
in piccole conoidi originate dai corsi d’acqua minori Crostolo,
Lodola e Tresinaro.(1)
La vegetazione spontanea
Elemento paesaggistico di naturalità, la vegetazione spontanea
il forma di siepe, di macchia o di bosco appare nel nostro territorio
sempre più rarefatta, se non addirittura scomparsa totalmente
dal paesaggio agricolo.
La presenza di una siepe di argine (quale quella dell’Acqua
Chiara) che, seppure con interruzioni e degradi, dal margine appenninico
(fortunatamente ancora in parte boscato) si spinge sino alle porte
della città (potendo potenzialmente proseguire) è
di per se stessa elemento di pregio, meritevole quindi di attenta
tutela(2).
Le moderne tecniche e lo sfruttamento intensivo del suolo agricolo
hanno confinato la vegetazione spontanea esclusivamente in quei
terreni “marginali” ove, per esposizione, pendenza o
difficoltà di accesso, non risulta conveniente l’utilizzo
a fini culturali. Ed ecco che le originarie siepi di confine, erette
soprattutto in difesa dei coltivi dall’ingresso di bestiame
al pascolo (con predilezione quindi per piante spinose quali biancospino
e prugnolo) vengono ad di essere intralcio al lavoro meccanizzato
dei campi e quindi rapidamente eliminate. A questa opera di disboscamento
si sono aggiunte concause naturali quali la moria degli olmi “maritati”
alla vite (grafiosi, anni ’60) e la conseguente loro sostituzione
in allevamento con tutori morti. In pochi anni si è passati
da un paesaggio agricolo assai vegetata (le caratteristiche “piantate”)
in cui nei campi troneggiavano olmi, aceri, gelsi e salici allevati
a capitozzo ( per legature), ad un paesaggio assai povero di elementi
naturali.(3)
(1) Cit. Mauro Chiesi, Rio Acqua Chiara. Studio
Naturalistico restauro e tutela, Collana Argomenti 6, Edizioni
del Comune di Reggio Emilia, 1987, p.12
(2) Cit. idem, p.19
(3) Cit. idem, p.33 |